Fair Share: l’equo contributo potrebbe cambiare il futuro della connettività?

La quantità di dati raccolti e scambiati online nell’ultimo decennio è cresciuta vertiginosamente, e continuerà ad aumentare: il passaggio al Cloud, l’utilizzo frequente di tecnologie innovative online, l’IoT, il metaverso e i mondi virtuali non faranno che generare una vera e propria bulimia di banda. La Fair Share è la proposta del settore Telco europeo all’UE per chiedere che le piattaforme online ad alta intensità di traffico, le quali offrono servizi utilizzando grandi quantità di dati, contribuiscano ai costi dell’infrastruttura digitale e al potenziamento delle reti per fare fronte alla domanda crescente.

Una richiesta di equa contribuzione che potrebbe cambiare il futuro del settore della connettività, e il rapporto tra i due attori protagonisti: il settore Telco e le media company OTT.

Che effetti avrà l’iniziativa su Internet in generale e sulla digital transformation in particolare? Telco e OTT troveranno il modo di cooperare per investire in nuove tecnologie di rete, nel potenziamento delle infrastrutture e nella sostenibilità?

Fair Share: approfondiamo la regolamentazione

Fair Share: approfondiamo la regolamentazione

L’iniziativa Fair Share, nota anche come principio “sender-pays”, nasce da un dibattito del 2012 mosso da alcune grandi Telco europee, secondo le quali le maggiori piattaforme online americane, come per esempio Netflix e Google, debbano pagare un equo contributo per usufruire delle reti europee di telecomunicazione, attraverso le quali raggiungono gli utenti.

In sostanza, secondo gli operatori europei, questi non contribuiscono a sufficienza allo sviluppo dell’ecosistema rete, mentre raccolgono la maggior parte dei benefici dell’economia digitale.

Il contributo andrebbe a rafforzare gli investimenti sulle infrastrutture e per nuove reti ad altissima velocità, come fibra ottica e 5G, necessari a causa dei crescenti volumi di traffico Internet, di cui le OTT e le web platforms sono responsabili.

A oggi non esiste alcuna normativa europea per regolamentare gli aspetti economici tra Telco e OTT.

Lo scenario Telco

Il settore Telco europeo è in forte crisi. Ha dovuto affrontare investimenti di ingenti risorse per potenziare le proprie infrastrutture, aumentare la capacità delle reti nazionali e far fronte alla crescente richiesta di banda ultra larga, per sostenere gli obiettivi del decennio digitale europeo 2020 – 2030 per una società digitale sostenibile per cittadini e imprese.

L’elevata concorrenza di mercato ha abbassato i prezzi, rendendo più difficile per gli operatori recuperare questi costi. Nel frattempo, il traffico internet ha subìto una rapida crescita, guidata da sole sei grandi piattaforme digitali globali – Amazon, Alphabet, Apple, Meta, Microsoft e Netflix, le quali da sole generano più della metà del traffico internet totale (secondo lo studio dell’European Telecommunications Network Operators Association – ETNO), e potrebbero generare costi compresi tra i 36 e i 40 miliardi di euro/anno per le società di telecomunicazioni.

Questo significa che il settore Telco non è in grado di monetizzare i nuovi investimenti, e ottenere un ritorno da essi. Anzi, vi è un vero e proprio azzeramento dei margini di guadagno, poiché il potenziamento delle reti genera un aumento nei costi di gestione, sviluppo e manutenzione delle infrastrutture altissimo (complici anche l’inflazione, la crescita dei costi delle materie prime e maggiori consumi di energia elettrica). 

La soluzione per un futuro più sostenibile? La Green Economy nei Data Center.

Lo scenario OTT e Big Tech o “GAFAM”

Con OTT – over-the-top si definiscono le media company che distribuiscono contenuti direttamente via Internet, grazie a una connessione a banda larga su reti aperte, accessibili attraverso device differenti. Hanno avuto successo proprio perché operano over the top, ovvero, non hanno reti dedicate o facility per la trasmissione dei propri contenuti, ma si affidano ai Content Delivery Network.

Le Big tech e le media company OTT ritengono superfluo e dannoso per internet un Fair Share, perché:

  • sono gli utenti a generare traffico, a chiedere un contenuto e a usufruirne. Se il contenuto viene richiesto significa che interessa e, automaticamente, acquisisce valore, di conseguenza l’investimento per le OTT nel potenziamento della rete è quello per la loro creazione e produzione.
  • Potrebbe violare le leggi europee sulla net neutrality, principio giuridico  per cui le reti residenziali a banda larga debbano essere prive di restrizioni arbitrarie sui dispositivi connessi e sul modo in cui essi operano, cioè dal punto di vista della fruizione dei vari servizi e contenuti di rete da parte dell’utente. Da tale principio deriva la garanzia di un trattamento paritario dei pacchetti IP che la attraversano.
  • In futuro potrebbe disincentivare gli investimenti per le attività di ricerca e sviluppo di nuovi algoritmi di compressione e per l’utilizzo di Content Delivery Network necessarie per portare i contenuti più vicini agli utenti finali, e ridurre il trasporto superfluo di dati.

Cosa dovrebbe garantire la proposta del Fair Share

Un equo contributo da far pagare a Big Tech e OTT ha davvero senso se coerente con il funzionamento del mercato e se raccolto dallo Stato e distribuito dove c’è davvero bisogno, non seguendo il modello del Sending Party Network Pays, e cioè che la rete da cui si spedisce il traffico Internet deve pagare quella di destinazione.

In questo modo potremmo avere la sicurezza che le risorse recuperate, non verrebbero utilizzate per compromettere una situazione di sana concorrenza.

Tutto ciò aiuterebbe a ripristinare i principi di un Internet aperto e una neutralità digitale, al fine di affrontare il potere contrattuale asimmetrico tra coloro che “emettono” traffico e gli operatori di rete.

La necessità di investire e innovare il modello di business

La necessità di investire e innovare il modello di business

Il modello di business di Internet come lo conosciamo oggi, è stato sviluppato negli anni ’90, scenario in completo contrasto con l’ecosistema Internet odierno, caratterizzato da piattaforme online e big tech che occupano una posizione di dominio nel mercato. 

Insomma, chi ha progettato l’attuale modello non avrebbe mai potuto immaginare che 30 anni dopo, solo sei aziende sarebbero state responsabili di oltre la metà di tutto il traffico Internet globale.

Mantenere il sistema così com’è, significherebbe che il peso economico da sostenere per le reti esistenti e le nuove, come quelle necessarie per il web3 e il metaverso, rimarrebbero dalla stessa parte: gli operatori internet e i loro clienti.

E le Big Tech e le media company OTT che hanno beneficiato finora di questo, ovviamente vorrebbero mantenere il modello esistente e automaticamente il ruolo di gatekeepers di Internet.

La soluzione più semplice sarebbe quella in cui il settore Telco assumesse il ruolo di tessuto connettivo; è fondamentale capire che OTT e Big tech distribuiscono contenuti e servizi ai clienti attraverso la rete Internet, utilizzando le infrastrutture del settore telecomunicazioni. 

Noi di Asco TLC possiamo affermare di trovarci in accordo con una distribuzione più equa degli investimenti e, soprattutto, speriamo che l’inizio di una cooperazione tra Telco e OTT possa essere un’opportunità di crescita per un settore che viaggia davvero veloce.